Lactarius chrysorrheus Fries 1838

 

Nella famiglia delle Russulaceae Lotsy 1907, con basidiomi agaricoidi o gasteroidi caratterizzati dall’essere eteromeri con sferociti e spore ialine aventi ornamentazioni amiloidi, è inserito il Lactarius chrysorrheus Fries 1838. La denominazione specifica deriva dal greco antico chrysos = oro e rheus = flusso in quanto il suo latice vira rapidamente al giallo.

Pileo: 5-10 cm di colore arancione chiaro; piano, depresso al centro con zonature più accentuate, concentriche. Margine inizialmente involuto che tende a distendersi con la maturità ;

Lamelle: fitte adnate o leggermente decorrenti. Di colore bianco crema. Intercalate da numerose lamellule;

Stipite: 4-8 cm cilindrico pieno di colore biancastro. Da adulto assume la stessa colorazione del pileo;

Carne: biancastra virante al giallo quando esposta all’aria. Di odore insignificante e di sapore molto acre. Alla rottura emette un latice abbondante amaro e decisamente acre che vira rapidamente al giallo;

Polvere Sporale: bianco crema con sfumature rosa;

Basidi: tetrasporici  35–55 micron ;

Spore: subglobose 7-8 X 8-11 micron ornamentate da verruche che formano un reticolo incompleto;

Cistidi: sia pleuro sia cheilo. Molto numerosi fusiformi  35-40 X 5-19 micron;

Habitat: specie molto comune che vive sia nei boschi di latifoglie che di aghifoglie.

Osservazioni: Sartory e Maire nel 1922  e Marcel Bon nel 1987 riferiscono della sua commestibilità previa una bollitura molto prolungata. Ma poiché in altri casi ha  provocato seri disturbi gastrointestinali se ne sconsiglia l’uso

Ifa laticifera 

 

Andrea Brunori - Paolo Avetrani