Amanita junquillea Quélet 1877

 

Questa specie, appartenente alla famiglia delle Amanitaceae, istituita da Roze nel 1876, è contraddistinta dai seguenti caratteri:

Pileo: di colore giallo pallido, emisferico, piano convesso da adulto e dal margine finemente striato.

Lamelle: libere di colore bianco.

Stipite: di colore bianco, di forma cilindrica che ingrossandosi alla sua base origina un bulbo di una straordinaria variabilità di forme. Velo imeniale: dello stesso colore dello stipite. Con lo sviluppo del pileo lascia un anello sullo stipite poco evidente. Quando è fugace i suoi frammenti rimangono sullo stipite con fioccosità più o meno evidenti. Residui di questo velo permangono anche sul bordo del pileo. Velo generale: bianco che, con l'accrescimento del fungo, lascia sul pileo placche fioccose e alla base dello stipite una corta volva aderente al gambo frastagliata oppure con il margine ben delimitato.

Carne: bianca, giallastra sotto la cuticola del pileo. Inodore e di sapore dolciastro.

Leucosporeo: con spore lisce non amiloidi, di forma ellissoide e dalle dimensioni di 9-11 x 6-8 micron.

Basidi: tetrasporici dalle dimensioni di 40-45 x 7-9 micron.

Habitat: la specie predilige un substrato acido e si sviluppa soprattutto sotto le aghifoglie. La sua epoca di comparsa va dalla primavera fino all'inverno inoltrato.

Osservazioni: il binomio Amanita gemmata fu istituito da Fries nel 1838. Il micologo svedese però disse di non aver mai visto questo fungo e di averlo descritto grazie a Paulet (Traité des Champignons del 1793) ; questa circostanza è alla base della sua inesattezza descrittiva che, per il colore del pileo, usa l'appellativo "miniatus" (rosso carminio).

Fu Quélet che, nel 1877, con una descrizione ed una illustrazione esatta, gli attribuì il nome specifico "junquillea" ancora oggi valido. Il polimorfismo di questa specie è molto noto e ha dato origine a numerose varietà e forme. Alcune con poco valore tassonomico. Diversi autori hanno definito questa specie come tossica ; da altri è stata definita commestibile. L. Magnin nel 1908 scrisse sulla possibilità che la medesima specie potesse presentare dei cambiamenti nei componenti dovuti all'andamento stagionale, contenendo sostanze tossiche nel periodo di Aprile-Maggio e non tossiche dopo il mese di Giugno. G. Becker e G. Redeuilh nel 1982 hanno scritto che sotto il nome di junquillea si celano due taxons diversi, dei quali uno sarebbe tossico.

Carpoforo giovanile, dove si evidenzia l'anello appena formato e la volva.

Andrea Brunori - Paolo Avetrani